LINK → A. s. 2014 – 2015 PROGRAMMI SVOLTI DAI DOCENTI
Alcune note esplicative – Il PROGRAMMA è l’insieme dei contenuti culturali da trasmettere ed è ordinato secondo una struttura che si adatta alle diverse fasi di sviluppo cognitivo degli alunni ed ha lo scopo di formare gli alunni e di prepararli agli studi universitari; inoltre la “funzione docente realizza il processo d’insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti per i vari ordini e gradi dell’istruzione” [Art. 24 Contratto] .
Il programma Ministeriale era detto prescrittivo in quanto obbligatorio, nonostante il DPR 417/74 riconoscesse l’autonomia e la libertà del docente. Alcuni docenti continuano a tirare in ballo il programma “da sviluppare” giustificando così l’assenza di pause o un rallentamento o una rivisitazione dei contenuti già svolti ma non appresi dagli alunni, ma ciò non può più essere una giustificazione, giacché le istituzioni scolastiche oggi sono in regime di autonomia, e quindi anche di autonomia didattica. L’autonomia è stata introdotta con la legge n. 59 del 1997 comma 9 art. 21, conosciuta come legge Bassanini. Vigendo il regime di autonomia è altresì chiaro come vengano meno i programmi “ministeriali”, ma acquistano maggiore importanza i programmi dell’istituto correlati al territorio e alle richieste dell’utenza scolastica.
L’autonomia scolastica consente:
– la più ampia libertà di progettazione didattica;
– il raggruppamento di discipline in aree o ambiti disciplinari;
– l’offerta di insegnamenti opzionali o aggiuntivi.
Ricordiamo il D.Lgs 59/2004, l’art. 9 del DPR n. 375/99 che prevede la possibilità di dividere il curriculum dell’alunno in due quote, delle quali una può definirsi nazionale, pari all’85% del monte ore annuale, e di un 15%, che può essere impiegato dalla scuola per proprie iniziative autonome.
PROGRAMMAZIONE. Con la parola programmazione, in linea generale, s’intende sviluppare, puntualizzare, mettere in opera, una serie d’interventi coordinata che concorrono a conseguire, attraverso efficienza, efficacia economicità, un obiettivo. Sul piano strettamente didattico la programmazione [per avere un quadro più dettagliato del significato della parole consultare: P.Bertolini, Dizionario di Pedagogia e scienze dell’educazione, Bo, 1996, ed. Zanichelli; U. Galimberti, Dizionario di psicologia, vol. 3, To, 1994, ed. UTET] permette al docente di superare l’improvvisazione, la causalità operativa e di organizzare in modo razionale e coerente gli interventi educativi, di organizzare i contenuti e le diverse attività scolastiche, verifiche comprese. Consente, inoltre, di “tradurre” le discipline culturali in materie da insegnare e da apprendere, e consente di conciliare le regole della didattica in generale con le condizioni di insegnamento-apprendimento effettivamente riscontrate. Con la programmazione, quindi, si adeguano i programmi alla classe, s’individuano i collegamenti interdisciplinari, e si scelgono le metodologie che consentano effettivamente di facilitare il processo di apprendimento e di crescita, oltre che culturale, emotiva, relazionale e civile.
I riferimenti normativi possono essere reperti nel DPR 416/74 e nella L. 517/77 art. 2, 7. Alla formulazione della programmazione concorrono tutti i docenti attraverso la programmazione del piano annuale delle attività contenute nel POF, in una seconda fase, i consigli di classe e i singoli docenti renderanno operativa la programmazione individuando contenuti, metodi e tempi e modalità di verifica. È quindi l’attività programmatica del collegio docenti ad avere un ruolo di fondamentale importanza operativa perché procede nell’ individuare, attraverso l’adozione del POF,
gli obiettivi e le finalità educative (programmazione educativa) dell’istituto, obiettivi naturalmente coerenti con le finalità Costituzionali e le leggi vigenti; in un secondo momento i Dipartimenti individuano i contenuti da impartire e gli obiettivi disciplinari, infine i consigli di classe e i singoli docenti attuano la programmazione educativa, didattica e disciplinare.
La ricerca pedagogica definisce così la programmazione:
Il termine programmazione viene usato anche per richiamare una determinata tecnologia della didattica:
Il soggetto che interviene utilizzando le metodologie didattiche, è l’insegnante, non l’insegnante racchiuso come una monade nella propria disciplina d’insegnamento, ma un operatore che interagisce con altri colleghi, programma per aree disciplinari, perché non esiste una programmazione che non sia collegiale. Purtroppo, la programmazione, continua a svolgere solo una funzione formale burocratica, senza attuare quella validità pedagogica per cui è stata pensata.
La programmazione come razionalizzazione deve avere scopi ben precisi. Il primo in assoluto è quello di conferire organicità, coerenza, efficacia al lavoro del docente; il secondo organizzare il lavoro così da sfruttare il tempo scuola; il terzo individuare i metodi e gli strumenti con cui conseguire gli obiettivi; il quarto e non ultimo, facilitare l’apprendimento. Se non consente lo sviluppo di queste procedure non è una programmazione didattica, ma solo burocrazia funzionale più all’istituzione che all’alunno. Dire “solo burocrazia” è riduttivo ma, non bisogna dimenticare che è anche burocrazia. Ogni attività di insegnamento è giustificata e fondata solo se programmata, in altre parole se è inserita in un piano di lavoro ad inizio anno scolastico e modulata sulle reali capacità degli alunni, perché non bisogna mai dimenticare che sono gli alunni i destinatari della programmazione e delle attività del corpo docente. L’assenza di una programmazione, oltre a rendere più difficile il lavoro dell’insegnante, disorienta la classe e le attività risultano dispersive e caotiche, spesso mal collegate l’una con l’altra. L’alunno è facilitato nell’apprendimento se sono ben chiari i punti di partenza ed i punti di arrivo, le procedure operative, se la programmazione è dotata di una coerenza interna, ed infine se effettivamente tiene conto del “ sapere degli alunni”. Personalmente aggiungo che la programmazione dovrebbe partire anche da una “idea della mente”, da una “teoria dell’apprendimento”, o meglio, da una consapevole “filosofia pedagogica” che contempli la persona umana nella sua globalità. Non si può certo chiedere ciò a ciascun docente, però si può pretendere che ciascun docente ponga in gioco la propria visione del mondo e dell’apprendimento. Certamente se si ha una teoria della mente e una teoria dell’apprendimento, o, dello sviluppo cognitivo, si potrà operare anche in linea con questi presupposti teorici, facilitando realmente il lavoro degli alunni.
Alcuni presupposti teorici sulla programmazione.
Si fa risalire a Ralph Tyler [R. Tassi, Itinerari pedagogici della programmazione didattica, Bo, 1991, Ed. Zanichelli, pag. 71] il merito di aver dato avvio a quel settore di ricerca che va sotto il nome di teoria del curricolo, o anche della programmazione scolastica. Ritiene che “una programmazione didattica debba essere fondata su obiettivi precedentemente tradotti in comportamenti osservabili e misurabili; che altro sono i criteri di valutazione se non gli stessi obiettivi dell’apprendimento assunti come strumenti di verifica della loro realizzazione?
Per il Tyler la programmazione deve partire dall’analisi del contesto sociale, dai bisogni dello studente e dal patrimonio culturale, perciò implica una “scelta” dei contenuti e dei metodi e degli strumenti di verifica e con essi anche un ben preciso sistema di valori etici e politici. Non è opportuno addentrarci in questo campo che sarà oggetto magari di una ulteriore riflessione. I docenti delle materie scientifiche troppo spesso ritengono che la loro disciplina sia asettica, eppure cosa c’è di più conservatore del concetto stesso di “trasmissione dei contenuti”?
Il Tyler paga lo scotto di rifarsi esplicitamente al comportamentismo sia di Watson che di Skinner, ovvero di volere verificare i comportamenti oggettivamente osservabili, omettendo di fatto una “filosofia della educazione o una filosofia pedagogica” che stia alla base della programmazione. M. Pellery partendo invece da una riflessione filosofica sulla programmazione divide gli obiettivi educativi dagli obiettivi didattici. Gli obiettivi educativi concorrono alla formazione globale della personalità umana, spaziando dall’aspetto cognitivo a quello relazione e affettivo; gli obiettivi didattici, invece, sono tipici di ogni disciplina. Il Pellery “giunge ad individuare due livelli di programmazione: una programmazione e educativa e una programmazione didattica, con la prima che adempie rispetto alla seconda, una funzione di guida”.
Se il Tyler e il Pellery incentrano la loro attenzione sulla pedagogia e sulla programmazione R. Massa ritiene che la pedagogia come scienza è da indicare nel suo essere come “metodologia” per cui le sue riflessioni teoriche vanno alla ricerca di una “autonomia della didattica”, ovvero delle procedure che la programmazione deve attivare per rispettare il processo evolutivo dell’alunno.
Le fasi della programmazione possono essere così descritte:
1. Presa d’atto della situazione di partenza
– Presentazione della classe
– Presenza di alunni diversamente abili
– Provenienza geografica
– Ripetenti
– Nuovi inserimenti
2. Accertamento dei prerequisiti
– Uso di metodi e mezzi come il questionario, il test
3. Obiettivi:
– Educativi
– Trasversali
– Disciplinari o didattici
4. Contenuti
– Scansione temporale dei contenuti
5. Moduli didattici lineari o trasversali
– I Moduli didattici sono composti da unità didattiche
6. Metodi
– Mezzi
7. Verifica
– Valutazione
8. Attività di recupero
9. Relazione finale e miglioramenti ottenuti ed accertati rispetto alla situazione di partenza
Bibliografia
Autori | Titoli | Casa Editrice |
---|---|---|
F. De Bartolomeis | Programmazione e sperimentazione | La Nuova Italia |
AA.VV. | La progettazione formativa nella scuola | La tecnica della scuola |
B. Vertecchi | Introduzione alla ricerca didattica | La Nuova Italia |
B. Vertecchi | La didattica tra certezza e probabilità | La Nuova Italia |
C. Laneva | Elementi di didattica generale | Editrice La scuola |
Calonghi Luigi | Valutazione | Editrice la Scuola |
Duane P. Scultz | Storia della psicologia moderna | Giunti Barbèra |
F. Frabboni | Il Libro di pedagogia e Didattica, Vol 3 | Laterza |
F. Pressutti | Psicologia dell’educazione e metodi di ricerca | ATLAS |
G. De Vecchi | Aiutareadapprendere | La Nuova Italia |
G. Giugni | Introduzione allo studio delle scienze pedagogiche | SEI |
G. Petracchi | Apprendimento scolastico e insegnamento | Editrice La scuola |
G. Petter | Dall’infanzia all’adolescenza | Giunti |
Guy R.Lefrançois | Psicologia per insegnare | Armando |
J. Bruner | Il processo educativo dopo Dewey | ed. Armando |
J. Bruner | La cultura dell’educazione | Feltrinelli |
J. Bruner | Verso una teoria dell’istruzione | Armando |
J. Dewey | Scuola e società | La Nuova Italia |
K. Richardoson | Che cos’è l’intelligenza | Tascabili Einaudi |
L. Trisciuzzi | Manuale di pedagogia sperimentale | Edizione ETS |
L. Trisciuzzi | Manuale di didattica in classe | Edizioni ETS |
L.Tomassucci Fontana | Corsodiperfezionamentoindidatticageneraleesperimentale | La Nuova Italia |
P.Bertolini | Dizionario di Pedagogia e scienze dell’educazione | Zanichelli |
R. Tassi, | Itinerari pedagogici della programmazione didattica | Zanichelli, |
R.M. Gagné | Le condizioni dell’apprendimento | Armando |
S. Bloom | Tassonomia degli obiettivi educativi | Giunti & Lisciani |
U. Galimberti | Dizionario di psicologia vol. 3 | UTET |
V. Telmon | La filosofia nei licei italiani | CLUEB |
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